L'impatto della denatalità sul mercato del lavoro

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Lavoro

La scarsa natalità che caratterizza il Paese ha un impatto sul mercato del lavoro e sulla sostenibilità della crescita economica. E' quanto emerge dal XX rapporto Inps pubblicato nei giorni scorsi. I giovani entro i 29 anni di età, che nel 1951 rappresentavano più della metà della popolazione (51,6%), ne costituiscono oggi circa il 28%. Tale squilibrio è ormai diffuso in tutto il territorio nazionale. Secondo l’Istat, l’indice di dipendenza, cioè il rapporto tra la popolazione non attiva e quella attiva, è da anni superiore al 50%, mentre l’indice di vecchiaia (maggiori di 65 anni/minori di 14 anni) è aumentato di oltre il 5% tra il 2019 e il 2020, raggiungendo la quota di 179,3 anziani ogni cento giovani. Data la composizione non omogenea per fasce di età della popolazione italiana, la situazione è destinata ad aggravarsi e l’ingresso di lavoratori dall’estero ha compensato solo in parte tale squilibrio: quando volgerà al termine il ciclo di vita demografico dei cosiddetti baby boomers, il ritmo di entrata non sarà più sufficiente a compensare quello di uscita e la domanda di welfare tenderà ad aumentare per effetto della spesa sanitaria dovuta all’invecchiamento della popolazione.

Anche la spesa assistenziale tenderà ad aumentare, soprattutto per le esigenze di protezione di un mercato del lavoro caratterizzato da eccessiva flessibilità, redditi instabili e precari. Aumenta il part-time, soprattutto tra le donne, con un conseguente allargamento del divario reddituale e contributivo tra i generi, e si amplia il dualismo tra Centro-Nord e Sud Italia. A riguardo, l’allargamento della base contributiva grazie a maggiori tassi di partecipazione e il contrasto al lavoro nero richiederebbero maggiori investimenti e politiche pubbliche incisive per riequilibrare le differenze. L’attenzione politica dovrebbe attestarsi maggiormente su tre aspetti in particolare: • maggiore sostegno alla natalità; • ampliamento della base contributiva, soprattutto al Sud, con l’emersione del lavoro irregolare, regolarizzazione degli stranieri, spinta verso tassi di partecipazione più alti, soprattutto da parte delle donne; • incremento della produttività del lavoro. In tale contesto, l’introduzione di nuove misure come l’assegno unico potrebbero dare un contributo alla ripresa delle nascite e alla produttività, insieme alla previsione di un congedo di maternità obbligatorio e più lungo anche per gli uomini e una contribuzione agevolata per le donne madri. Occorre ripensare anche il ruolo dei giovani, intervenendo con misure che migliorino la qualità della formazione, favoriscano un maggior assorbimento da parte del tessuto produttivo ed evitino la fuga verso altri paesi di molti giovani specializzati: l’inserimento nel mercato del lavoro di giovani con un bagaglio di conoscenze informatiche e digitali, oltre che professionali, potrebbe essere funzionale alla sempre auspicata svolta digitale nella pubblica amministrazione e nel settore privato.

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Formazione e risorse umane
16/07/2021