Covid e plastica avanzano di pari passo. Secondo lo studio “Accumulation of plastic waste during Covid-19”, pubblicato dalla rivista Science, nel corso della pandemia si è assistito a un’impennata del consumo di prodotti di plastica monouso, trascinato dall’enorme richiesta e uso di mascherine (129 miliardi di pezzi al mese) e guanti (65 miliardi di paia al mese), più bottiglie di disinfettante, camici e altri dispostivi sanitari usa e getta. Secondo i risultati dell’analisi a determinare l’aumento del consumo di plastica, ci sono anche la crescita degli acquisti on line e dei servizi di asporto e consegna a domicilio dei pasti, che hanno fatto lievitare l’uso di contenitori e involucri per il confezionamento delle merci e dei cibi. La pubblicazione di Science afferma che “Le dimensioni del mercato globale degli imballaggi in plastica cresceranno da 909,2 miliardi di dollari nel 2019 a 1.012,6 miliardi entro il 2021, con un tasso di crescita annuale del 5,5% soprattutto proprio a causa della risposta alla pandemia”. Inoltre, a favorire una maggiore produzione di plastica, è entrato in gioco anche il drastico calo del prezzo del petrolio, vittima di una domanda globale in picchiata, a causa della riduzione delle attività economiche e degli spostamenti, determinati dalle misure di contrasto alla pandemia. Oltre all’aspetto economico, la crescita del consumo di plastica, secondo lo studio, avrà effetti negativi sul fronte ambientale, per quanto riguarda la gestione dei rifiuti: già oggi secondo l’United Nations Environment Programme l’impatto negativo dei rifiuti di plastica sulla pesca, sul turismo e sulla navigazione ammonta a circa 40 miliardi di dollari all’anno. E la situazione è destinata a peggiorare: “Secondo gli ultimi dati raccolti dall’Unctad (United Nations Conference on Trade and Development) circa il 75% delle materie plastiche dei prodotti legati alla gestione del coronavirus rischia di nelle discariche o peggio dispersa nell’ambiente.