Lo stress lavoro correlato e i danni alla salute

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La gestione efficace della salute e della sicurezza nel luogo di lavoro è un bene per i lavoratori, un bene per l’azienda e un bene per l’intera società.

È particolarmente importante ricordarlo in tempi d’incertezza economica, quando le aziende, per mantenere alti i livelli di produttività, intensificano i ritmi delle attività ed il personale lavora sotto pressione per rispettare le scadenze, quindi è più facile commettere errori ed è più probabile che si verifichino incidenti.

Lo stress lavoro-correlato è un problema a livello di organizzazione e non una colpa personale, e può colpire sia i lavoratori che i loro datori di lavoro.

Cos’è lo stress

Lo stress negativo (distress) è uno dei sintomi più diffusi delle società moderne attuali e si distingue da quello positivo (eustress) per il fatto che anziché aiutare l’individuo a far fronte a situazioni problematiche di varia natura, si sviluppa quando l’individuo non riesce più a far fronte a tali situazioni per un tempo prolungato con possibili effetti negativi sulla salute sia a livello mentale che fisico.

Lo stress lavorativo, in senso negativo, nasce quando le esigenze lavorative dell’organizzazione sono superiori alla capacità del singolo lavoratore di affrontarle.

Ciò che distingue, quindi, un ambiente sano  da un ambiente a rischio stress non è, quindi, la presenza o meno di esigenze organizzative impegnative, quanto la capacità dell’organizzazione di sostenere e stimolare i lavoratori incoraggiandone al massimo lo sviluppo e le prestazioni.

Contesti lavorativi a rischio

Tra le condizioni lavorative in cui si manifestano più frequentemente disagi di tipo psico-sociale rientrano le seguenti:

  • lavoro eccessivamente impegnativo e/o tempo a disposizione non sufficiente per portare a termine le mansioni;
  • richieste contrastanti e ruolo del lavoratore non definito con chiarezza;
  • discrepanze tra le esigenze del lavoro e la competenza del lavoratore; il sottoutilizzo delle competenze di un lavoratore può essere una fonte di stress tanto quanto l’impegno eccessivo;
  • mancato coinvolgimento nelle decisioni che riguardano il lavoratore e sulla modalità di svolgimento del lavoro;
  • lavorare da soli, in particolar modo quando ci si relaziona con il pubblico e con i clienti, e/o essere oggetto di violenza da parte di terzi, che può assumere la forma di aggressione verbale, attenzioni sessuali indesiderate e minaccia di violenza fisica o violenza fisica perpetrata;
  • mancanza di sostegno da parte della dirigenza e dei colleghi e scarse relazioni interpersonali;
  • molestie psicologiche o sessuali nel luogo di lavoro; atteggiamento persecutorio, umiliante, intimidatorio o minaccioso da parte di superiori o colleghi ai danni di un lavoratore o di un gruppo di lavoratori;
  • ripartizione ingiusta del lavoro, dei premi economici, delle promozioni o delle opportunità di carriera;
  • comunicazione inefficace, cambiamento mal gestito a livello organizzativo e precarietà del lavoro;
  • difficoltà a conciliare gli impegni lavorativi con quelli privati.

Cosa dicono le statistiche

Gli studi suggeriscono che il 50-60 % di tutte le giornate lavorative perse in Europa è dovuto allo stress lavoro-correlato e ai rischi psicosociali (rischi generati da squilibri tra esigenze e condizioni organizzative da un lato e competenze ed esigenze individuali dall’altro). Si tratta del problema di salute più frequente legato all’attività lavorativa in Europa dopo i disturbi muscoloscheletrici.

I costi complessivi dovuti ai disturbi relativi alla salute mentale in Europa (legati o meno al lavoro) sono stimati a 240 miliardi di euro all’anno.

Meno della metà di questa somma deriva dai costi diretti, come le cure mediche, mentre si attesta a 136 miliardi di euro la perdita di produttività, compreso l’assenteismo per malattia.

Solo nel corso degli anni 90 quasi il 28 % dei lavoratori europei ha riferito di essere esposto a rischi psicosociali che hanno compromesso il benessere mentale. 

La Campagna europea 2014-2015

Da una recente indagine a livello europeo (ESENER 2009) è emerso che oltre il 40% dei datori di lavoro ritiene che i rischi psico-sociali siano più difficili da gestire rispetto ai rischi “tradizionali” e che circa il 70% dei dirigenti è preoccupato per lo stress sul lavoro (proprio e dei colleghi).

Questi e altri dati hanno spinto l’Agenzia europea per la Salute e la Sicurezza sul lavoro (EU-OSHA) a scegliere come titolo della campagna di informazione e sensibilizzazione nei Paesi membri la “Gestione dello stress e dei rischi psico-sociali sul lavoro”.

Questa campagna si propone di migliorare la comprensione del problema e di colmare le lacune esistenti fornendo sostegno e orientamento ai lavoratori e ai datori di lavoro e promuovendo il ricorso a strumenti pratici e di facile utilizzo.

Vai al sito della Campagna

La valutazione del rischio

Come è facile intuire lo stress legato al lavoro non è un rischio di facile valutazione, tuttavia non è neanche necessario ricorrere a super esperti per procedere gradualmente ad una corretta valutazione.

In sintesi, si tratta di individuare quelle aree che nell’organizzazione aziendale possono comportare particolari pressioni in riferimento a particolari mansioni o gruppi omogenei di lavoratori e, una volta individuate, cercare alcune azioni correttive che consentano di ridurre il rischio.

Cosa dice la legge

Il Decreto 81 aveva stabilito che ogni datore di lavoro, privato e pubblico, dovesse procedere alla valutazione del rischio stress lavoro correlato (art.28) e che la Commissione consultiva permanente ne indicasse le modalità (art.6).

Tali modalità di valutazione sono state approvate e rese ufficiali tramite la Circolare del Ministero del Lavoro del 18 novembre 2010 e sono tuttora in vigore.

Valuta il rischio

L’Inail ha pubblicato una Guida per la valutazione del rischio, di semplice consultazione, che qualunque RSPP (responsabile della sicurezza) dovrebbe essere in grado di applicare.

Non bisogna, però, dimenticare che l’esito della valutazione sarà tanto più attendibile quanto più saranno state coinvolte nel processo di valutazione e ricerca dei dati le figure più significative per la sicurezza (datore di lavoro, RSPP, medico competente, rappresentanti dei lavoratori).

Come intervenire

Alcuni passaggi, se correttamente attuati, permettono di tenere sotto controllo questo rischio nell’interesse dei singoli e dell’azienda. Vediamoli.

1.    Fare una buona valutazione del rischio: evitare approcci semplicistici e sbrigativi e coinvolgere il più possibile i lavoratori, direttamente tramite questionari/interviste o indirettamente tramite i loro rappresentanti; il loro coinvolgimento nella valutazione sarà molto utile nella fase di ricerca delle soluzioni.

2.    Seguire il problema: se la valutazione ha evidenziato aree critiche occorre cercare soluzioni collegiali, applicarle e verificare se hanno funzionato. Non sottovalutare gli effetti che le criticità evidenziate possono dispiegare nel tempo.

3.    Informare e formare: questo rischio è ancora poco conosciuto e si può fare molto a livello preventivo se i singoli lavoratori ne conoscono le cause, le dinamiche e gli effetti, anche sintomatici sulla propria salute. Dare informazioni su centri d’ascolto qualificati ai quali rivolgersi direttamente in caso di necessità.

 

Aggiornato il 21/07/2017