La Norma ISO 26000 sulla Responsabilità Sociale delle Imprese

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La norma ISO 26000 è uno standard internazionale che fornisce delle linee guida sulla Responsabilità Sociale delle Imprese (RSI) e delle Organizzazioni o, secondo l’acronimo inglese CSR, Corporate Social Responsibility.

Il tema della Responsabilità Sociale acquista un’importanza fondamentale nella definizione delle strategie di sviluppo d’impresa ed assume un ruolo di importanza crescente nell'ambito dell'economia globale e dello sviluppo sostenibile. Rappresenta, infatti, uno strumento per difendere la solidarietà, la coesione e la parità delle opportunità. Ciò comporta che l’impresa non possa più limitarsi a perseguire l’obiettivo economico della redditività, senza tener conto dell’interdipendenza esistente con gli obiettivi sociali ed ambientali.

Se il concetto di RSI enunciato con il Libro Verde della Commissione Europea del 2001 si basava sulla “integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”, nella accezione odierna viene chiesto alle imprese e alle organizzazioni in genere di assumere un ruolo sociale, e di farsi carico degli impatti ambientali e delle conseguenze derivanti dalla propria attività, rendendo conto per le proprie decisioni e le proprie attività sulla società e sull’ambiente, attraverso un comportamento etico e trasparente che possa:

  • contribuire allo sviluppo sostenibile, inclusa la salute e il benessere della società;
  • tener conto delle aspettative degli stakeholder;
  • essere in conformità con la legge applicabile e coerente con le norme internazionali di comportamento;
  • essere integrato in tutta l’organizzazione e messo in pratica nelle sue relazioni.

In quest’ottica, la ISO 26000, pur non costituendo una norma di sistema di gestione (essa infatti non è destinata ai fini di certificazione da parte di Organismi Terzi), si pone come strumento a supporto delle organizzazioni (comprendendo in tale concetto esteso anche le imprese) con l’obiettivo di guidarle nell’adozione di un approccio responsabile, volto alla promozione ed all’attivazione di comportamenti socialmente sostenibili o buone pratiche, al fine di contribuire allo Sviluppo Sostenibile.

La norma è stata pubblicata dalla International Organization for Standardization, a seguito di un lavoro che ha coinvolto i principali gruppi di interesse e i rappresentanti dei maggiori standard e linee guida internazionali in tema di Responsabilità Sociale, e che ha portato all’approvazione della norma ISO 26000 da parte della Commissione Centrale Tecnica dell’UNI in data 4 novembre 2010 ed alla sua ratifica a novembre 2011.

La norma ISO 26000 presenta la seguente struttura:

  • una parte prettamente didattica, (primi 4 capitoli), che consta di una guida, un glossario con la definizione dei termini chiave, una descrizione sulla Responsabilità sociale e sul rapporto tra questa e il concetto di Sviluppo sostenibile, e l’enunciazione di principi ispiratori per la costruzione di un sistema socialmente responsabile;
  • una parte operativa, che richiede un coinvolgimento diretto da parte di ciascuna impresa/organizzazione nell’attivazione di procedure volte al riconoscimento dei temi sui quali poggia la propria responsabilità sociale.

La ISO 26000 fornisce un quadro di riferimento sul significato della responsabilità sociale, con riferimento a sette temi fondamentali:

  • Governo dell’Organizzazione;
  • diritti umani;
  • rapporti e condizioni di lavoro;
  • ambiente;
  • corrette prassi gestionali;
  • aspetti specifici relativi ai consumatori;
  • coinvolgimento e sviluppo della comunità. 

Obiettivo della norma è guidare ogni Organizzazione nell’attuazione di buone prassi, lasciando ad ogni soggetto la scelta dei principi per i quali desidera impegnarsi. Dato il suo carattere di generalità, la ISO 26000 ha come scopo quello di aiutare le organizzazioni che intendono essere socialmente responsabili, attraverso l’indicazione di linee guida sull’attuazione della Responsabilità Sociale e sul coinvolgimento delle parti interessate; ciò anche attraverso la promozione di una terminologia comune; la diffusione della conoscenza del tema e l’accrescimento della fiducia dei clienti nei confronti delle organizzazioni socialmente responsabili. A tale proposito, la stessa Commissione Europea, con la Comunicazione COM (2002) 347 Def. sulla Responsabilità Sociale dell’Impresa intesa come contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile, ha evidenziato la difficolta di regolamentare in maniera rigida la responsabilità sociale delle imprese, ciò al fine di non compromettere la creatività e l’innovatività di ciascuna impresa nell’identificazione delle priorità da perseguire nel porre in essere politiche, strategie ed azioni sostenibili; tuttavia, viene posto l’accento sull’esigenza che, nel perseguimento delle proprie politiche, le imprese tengano conto delle loro rispettive controparti (stakeholder) attraverso un confronto volto a condividerne le azioni.

Si tratta di un impegno costante e continuo che deve condurre a investire in capitale umano, ambiente e nell’instaurazione di relazioni con gli attori interessati.

La Norma ISO 26000, infatti, presenta il suo aspetto più innovativo e rilevante nella parte operativa in cui viene evidenziata la necessità che l’organizzazione adotti un approccio attivo, volto all’autodiagnosi e finalizzato al riconoscimento della propria responsabilità sociale, con conseguente identificazione delle categorie interne ed esterne all’organizzazione (stakeholder), sulle quali ricadono gli impatti derivanti dalle decisioni e dalle attività dell’organizzazione.

Ciò al fine di poter attivare idonei approcci per il coinvolgimento degli stakeholder e di porre in essere delle azioni che consentano di rendere conto delle relative conseguenze, conformemente alla definizione di RSI che viene attribuita proprio dalla norma in esame.

Ma in pratica quali passi deve compiere un’impresa per diventare socialmente responsabile?

Innanzitutto, occorre comprenderne il vero significato e il potenziale in termini di opportunità.

Si evidenzia, in primo luogo, che non essendo richiesta alcuna procedura di accreditamento da parte di Organismi Terzi, tutte le imprese/organizzazioni, anche le piccole e medie imprese con minori disponibilità finanziarie, possono conformarsi alle Linee Guida sulla Responsabilità Sociale.

Inoltre, occorre sfatare la concezione secondo cui la responsabilità sociale possa essere una prerogativa delle aziende “meritevoli”, in contrasto con il profitto, inteso quale fine ultimo per l’impresa.

Al contrario, conformare la propria impresa a principi di sostenibilità o di responsabilità sociale può rappresentare un’opportunità da cogliere per potenziare il proprio business: ad esempio, l’adozione di politiche interne di salvaguardia dell’ambiente che comportino una riduzione dei consumi energetici o un ridimensionamento degli sprechi di materie prime, può apportare conseguenti benefici nei bilanci delle imprese; oppure, l’attivazione di politiche di formazione/aggiornamento e motivazione del personale può consentire una maggiore competitività per l’impresa.

Pertanto, per diventare un’organizzazione socialmente responsabile, occorre preliminarmente conoscere i seguenti sette princìpi della responsabilità sociale e declinarli sulla base delle specifiche caratteristiche della propria organizzazione:

  1. Responsabilità di render conto o Accountability

Consiste nella capacità di un’organizzazione di fornire risposte ed assumersi la responsabilità circa le proprie azioni nei confronti degli stakeholder, adottando adeguate misure allo scopo di porre rimedio a danni conseguenti alle suddette azioni ed intraprendendo dei comportamenti volti ad impedirne la reiterazione.

Per la concreta applicazione di questo principio, l’organizzazione può adottare specifici strumenti correttivi, quale ad esempio lo standard di processo AA1000.

  1. Trasparenza

Significa comunicare in modo chiaro e accurato le proprie politiche, decisioni e attività, inclusi gli impatti, reali e potenziali, sulla società e sull’ambiente.

Ciò può avvenire mediante l’adozione di strumenti che certifichino il profilo etico dell’organizzazione, come nel caso del Bilancio sociale, che rappresenta un modello di rendicontazione sulle quantità e sulle qualità di relazione tra l'impresa ed i gruppi di riferimento rappresentativi dell'intera collettività, allo scopo di fornire un quadro sulla complessa interdipendenza tra i fattori economici e quelli socio-politici conseguenti alle scelte fatte dall’impresa.

Si tratta di uno strumento che, se correttamente strutturato, può legittimare il ruolo di un’organizzazione attraverso il rafforzamento della percezione pubblica sull’importanza delle azioni svolte dall’organizzazione stessa, in quanto costituisce un'occasione per affermare il concetto di impresa come soggetto economico che, perseguendo il proprio interesse prevalente, contribuisce a migliorare la qualità della vita dei membri della società in cui è inserito.

In Italia la redazione del Bilancio sociale rappresenta ancora una scelta volontaria, ma in molte altre realtà esso è prescritto o, comunque, la sua redazione corrisponde a una prassi delle imprese.

Il 15 aprile 2014 il Parlamento Europeo ha approvato in seduta plenaria la Direttiva sulla rendicontazione delle informazioni non finanziarie e sulla diversità (adottata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea il 22 ottobre 2014 – Direttiva 2014/95/UErecante modifica alla direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni).

Lobiettivo della Direttiva è quello di migliorare la trasparenza e l’accountability di alcune grandi imprese sui temi non finanziari; pertanto, le imprese rispondenti a tre criteri stabiliti dalla Direttiva (quali la dimensione di Grande Impresa, avere più di 500 dipendenti ed essere un Ente di interesse Pubblico) renderà obbligatoria la rendicontazione sui seguenti ambiti:

  • Ambiente;
  • politiche sociali e legate ai dipendenti;
  • diritti umani ed anti-corruzione;
  • politiche sulla diversità.

Le suddette imprese dovranno pubblicare una dichiarazione non-finanziaria da allegare al bilancio annuale, e per le imprese che non abbiano adottato una politica specifica in relazione alle aree non finanziarie menzionate, dovranno fornire una spiegazione di tale carenza nell’ottica del “comply or explain

  1. Comportamento etico 

L’organizzazione deve definire un proprio codice etico, che deve essere rispettato al proprio interno dai dirigenti, dipendenti e al quale devono informarsi anche i propri fornitori, al fine di prevenire comportamenti irresponsabili o illeciti da parte di chi opera in nome e per conto dell’organizzazione stessa. Si tratta di uno strumento che garantisce una gestione equa ed efficace delle transazioni oltre che delle relazioni umane.

Per la stesura del codice etico, preliminarmente è necessario procedere con un’analisi della struttura dell’organizzazione per l’individuazione della mission e dei gruppi di stakeholder di riferimento.

Il secondo passo è costituito dall’individuazione dei principi etici generali da perseguire, delle norme etiche per le relazioni con i rispettivi stakeholder e degli standard etici di comportamento.

Il passo successivo può essere rappresentato dalla condivisione dei principi etici generali e delle norme etiche rispetto ai singoli gruppi di stakeholder coinvolti.

Infine, si procede con l’adeguamento delle procedure e delle politiche imprenditoriali inerenti l’organizzazione rispetto ai principi etici sanciti. Risulta fondamentale l’attività di formazione etica nei confronti di tutti i soggetti appartenenti all’organizzazione.

Il codice etico riepiloga al suo interno tutti gli aspetti sopra analizzati e definisce le sanzioni interne per le eventuali violazioni.

  1. Rispetto degli interessi delle parti interessate o stakeholder

Individui o gruppi, diversi dalla proprietà di un’azienda o dai suoi clienti, possono avere diritti, richieste o specifici interessi che dovrebbero essere presi in considerazione.

A tal fine risulta importante procedere a una mappatura degli stakeholder, cui far seguire un’analisi sulle loro caratteristiche e le rispettive capacità di influenza.

Inoltre, occorre valutare quali approcci possano essere più idonei ai fini di un coinvolgimento delle singole categorie di soggetti, volto all’identificazione delle loro aspettative rispetto alle azioni e decisioni dell’organizzazione.

Le modalità per coinvolgere gli stakeholder possono essere variegate, in relazione alle singole categorie di soggetti coinvolti: sondaggi, focus group, community panel, corporate advisory panel, comunicazioni scritte, strutture del management/sindacato e altri strumenti.

Attraverso la redazione di report di sostenibilità, l’organizzazione dovrà fornire risposte in termini di soluzioni o correttivi apportati alle proprie azioni, decisioni, per tener conto delle aspettative e degli interessi degli stakeholder. L’organizzazione dovrà indicare se un’attività di coinvolgimento è stata intrapresa nel processo di preparazione del report.

  1. Rispetto del principio di legalità

Il principio di legalità rientra tra quei diritti fondamentali di eccezionale rilevanza e da garantire a tutti i cittadini dell’Unione, come definiti con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea – o  Carta di Nizza, e al cui rispetto è tenuto l’ordinamento comunitario in virtù dell’art. 6 comma II del Trattato sull’Unione Europea di Lisbona del 13 dicembre 2007, il quale le ha attribuito il medesimo valore giuridico dei trattati e , come tale, pienamente vincolante per le istituzioni europee e gli Stati membri.

Il principio di legalità dispone che “nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che al momento in cui fu commessa non costituisce reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale. Non può del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella che era applicabile al momento in cui il reato è stato commesso.”

All’interno di un’organizzazione socialmente responsabile, il principio deve essere inteso nel senso che l’organizzazione deve conoscere tutte le leggi e i regolamenti applicabili, in modo da informare dei propri obblighi coloro che, all’interno dell’organizzazione, sono chiamati ad osservare ed attuare tali misure; essa, inoltre, deve dimostrare di adempiere a tutte le leggi e regolamenti applicabili.

  1. Rispetto delle norme internazionali di comportamento

Si tratta di un principio che discende dal precedente principio di legalità; esso non solo richiama al rispetto delle norme internazionali di comportamento, ma soprattutto a un comportamento deontologico dell’organizzazione, che dovrebbe anche “evitare di rendersi complice” in attività svolte da altra organizzazione (ad esempio, un’impresa fornitrice) che non risultino coerenti con le norme internazionali di comportamento.

  1. Rispetto dei diritti umani

In situazioni in cui la legge non fornisce sicurezza del rispetto dei diritti umani, l’organizzazione dovrebbe cercare di rispettare, almeno, le norme internazionali di comportamento.

Le organizzazioni possono influire sul rispetto dei diritti umani, definiti attraverso i tre documenti che compongono la Carta Internazionale de Diritti dell’Uomo:

  • Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite del 1948;
  • Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966;
  • Patto internazionale dei diritti economici, sociali e culturali del 1966.

Essi costituiscono i principali punti di riferimento per un’organizzazione che voglia rendere conto sul rispetto dei diritti umani.

Per valutare quali siano pertinenti nel reporting, un’organizzazione dovrebbe prendere in considerazione tutti i diritti umani; in particolare, essi possono riguardare:

  • il diritto alla non-discriminazione;
  • l’uguaglianza di genere;
  • la libertà di associazione;
  • la contrattazione collettiva;
  • il lavoro minorile;
  • il lavoro forzato ed obbligatorio;
  • i diritti delle popolazioni indigene.

Ai fini di un maggior approfondimento sui diritti sopra elencati, può essere utile tener conto anche della Dichiarazione dell’OIL sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro (in particolare, le otto convenzioni fondamentali dell’OIL, ovvero n. 100, 111, 87, 98, 138, 182, 29 e 105) e delle convenzioni regionali aderenti al principio dell’universalità della Carta Internazionale dei Diritti dell’Uomo nelle aree geografiche in cui essa è applicabile.

A partire dai primi enunciati sulla RSI e nel corso degli anni, un numero crescente di imprese ha fatto proprio il concetto di responsabilità sociale, nella convinzione che gli obiettivi di un successo commerciale sostenibile e di benefici durevoli per gli azionisti possono essere perseguiti solo adottando comportamenti responsabili, che contribuiscono allo sviluppo sostenibile, attraverso la gestione delle loro operazioni in modo tale da rafforzare la crescita economica e la loro competitività senza arrecare danno all'ambiente, senza sfuggire alle proprie responsabilità sociali e senza trascurare gli interessi dei consumatori.

Nonostante la grande varietà di metodi applicati a livello di RSI, i pareri sono tuttavia concordi riguardo alle principali caratteristiche che essa deve rispettare:

  • Le imprese adottano un comportamento socialmente responsabile al di là delle prescrizioni legali ed assumono volontariamente tale impegno in quanto ritengono che ciò sia nel loro interesse sul lungo periodo;
  • la responsabilità sociale delle imprese è intrinsecamente connessa con il concetto di sviluppo durevole: nelle loro attività le imprese devono tener conto anche delle ripercussioni economiche, sociali ed ambientali;
  • la responsabilità sociale non è un elemento "addizionale" alle attività fondamentali delle imprese, bensì correlato con il tipo di gestione stessa delle imprese.

Ciò che distingue la concezione attuale di responsabilità sociale delle imprese dalle iniziative del passato è la volontà di gestirla strategicamente e di sviluppare strumenti al fine specifico.

Conseguentemente, ciascuna impresa/organizzazione identifica il proprio contenuto in termini di responsabilità sociale, sulla base delle specificità delle situazioni e dei contesti nei quali essa opera.

 

Aggiornato il 07/09/2017