Per il Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (D. Lgs. 81/2008) il preposto è “la persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende all’attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”. Occorre per distinguere tra preposto di diritto o formale e preposto di fatto o sostanziale.
I preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono, sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei lavoratori degli obblighi di legge e delle disposizioni aziendali, verificare che solo i lavoratori istruiti accedano alle zone che li espongono a rischi, richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio, informare i lavoratori esposti al rischio, astenersi dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione in cui persiste un pericolo grave, segnalare al datore di lavoro le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, frequentare appositi corsi di formazione. Il preposto di diritto è dunque la persona che ha ricevuto dal datore di lavoro l’incarico di sovrintendere alle attività lavorative di altri dipendenti. Si tratta di capo-squadra, capo-reparto, capo-officina, capo-sala e capo-servizio. Gli obblighi del datore di lavoro possono essere trasferiti ad altri sulla base di una delega espressa, inequivoca e certa, non presunta in base alla ripartizione interna all’azienda, alle sue dimensioni o ai compiti assegnati ai dipendenti.
L’attribuzione della qualifica di preposto è complicata dall’eventualità del preposto di fatto, ossia la persona che, senza alcun incarico formale da parte del datore di lavoro, espleta nella sostanza i poteri tipici del preposto, assumendone le relative responsabilità. Varie sentenze hanno richiamato espressamente il “principio di effettività”, trovandosi a giudicare su casi in cui c’era un preposto “di fatto” e un diverso preposto “di diritto”. In tali sentenze vengono esplicitati i criteri utilizzati dai giudici per l'individuazione “in concreto” del preposto, nei casi in cui l’imputato non risulti formalmente investito di tale incarico.
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