Puoi ricorrere all’associazione in partecipazione sia per contenere i costi di un rapporto di lavoro subordinato, sia come strumento di finanziamento senza fare ricorso a forme di indebitamento.
Per contenere i costi di gestione potresti decidere come associante di inserire nella tua azienda un lavoratore, definito associato, attribuendogli una partecipazione agli utili dell’impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto (in termini di lavoro e/o di capitale) da parte dell’associato.
L’apporto può essere di solo capitale (beni o denaro), di solo lavoro, oppure misto di lavoro e capitale.
Le caratteristiche principali sono date da:
- autonomia del lavoratore/associato anche in caso di solo apporto di lavoro in quanto deve adempiere solo gli obblighi assunti senza vincolo di subordinazione;
- rischio di impresa anche su lavoratore/associato il cui compenso è legato agli utili e non a contratti di categoria o minimi garantiti.
I tuoi obblighi come associante sono:
- registrare il contratto presso l’Agenzia delle Entrate per poter dedurre i costi relativi al rapporto;
- rendicontare al tuo associato la gestione dell’impresa o dell’affare da cui deve percepire gli utili;
- assicurare la copertura previdenziale in caso di apporto del solo lavoro presso la Gestione Separata istituita presso l’INPS;
- assicurare la copertura INAIL contro infortuni e malattia;
- comunicare al Centro Servizi per il Lavoro le attivazioni e le cessazioni dei rapporti;
- far aggiornare al consulente del lavoro il Libro unico del Lavoro in caso di erogazione di acconto o saldo in relazione alla partecipazione agli utili.
Inoltre devono essere rispettati i seguenti limiti:
- non puoi associare più di 3 persone al di fuori dei rapporti coniugali, di parentela (entro terzo grado) o di affinità (entro secondo grado), in caso di mancato rispetto il contratto si considera subordinato a tempo indeterminato senza poter provare la genuinità dell’associazione;
- devi garantire un’ effettiva partecipazione agli utili dell’impresa o dell’affare e quindi anche alle perdite;
- l’associato deve avere comprovate conoscenze teoriche e/o pratiche di grado elevato acquisite attraverso percorsi formativi o esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività.
La violazione di questi ultimi due limiti comporta la trasformazione del contratto in associazione in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato salvo prova contraria.
Come detto puoi usare l’associazione in partecipazione come strumento di finanziamento senza fare ricorso ad indebitamento né allargare la base societaria per inserire nuovi soci. Infatti l’associato che conferisce beni partecipa agli utili e alle eventuali perdite, sempre in misura non superiore a quanto conferito, senza diventare un socio effettivo.
La forma del contratto è libera pur essendo preferibile un atto scritto, che è obbligatorio in caso di conferimento di beni materiali.
Il contratto si scioglie con il decorso del termine apposto in caso di:
- accordo fra le parti;
- inadempimento (che comprende anche trasferimento all’estero dell’impresa e cambio dell’oggetto);
- fallimento.
Attenzione
Con l'entrata in vigore a fine giugno del D.Lgs. 81/2015, il quarto dei decreti applicativi che fanno parte del cosiddetto “Jobs Act”, la legge delega per la riforma del lavoro approvata dal Parlamento all’inizio di dicembre 2014 è stato stabilito, attraverso la modifica dell'articolo 2549 del codice civile, che sparisce la figura dell’”associato in partecipazione” come persona fisica che lavora direttamente nell’impresa. Resta la possibilità di associazione tra imprese.