Contratti di rete, niente Iva sulla ripartizione della produzione agricola

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Per il contratto di rete agricolo, le operazioni finalizzate alla produzione agricola non hanno rilevanza ai fini dell’Iva. Lo chiarisce l’Agenzia delle entrate, secondo cui laddove ci siano tutte le condizioni richieste dalla legge dal punto di vista fiscale, la ripartizione della produzione agricola tra i retisti, che riguarda una divisione in natura di prodotti a titolo originario secondo le quote determinate nel contratto di rete, non produce effetti traslativi tra le imprese contraenti.

Per le imposte dirette, il contratto di rete “agricolo” può essere ricondotto nell’ambito all’articolo 33 del Tuir, secondo cui il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun associato per la quota di sua spettanza. Poiché nel contratto di rete agricolo il terreno utilizzato per lo svolgimento dell’attività è il risultato della messa in comune di più terreni, per determinare il reddito agrario da imputare a ogni retista per la quota di propria spettanza, l’Agenzia ritiene necessario “individuare un criterio di calcolo che tenga conto del reddito agrario di ogni terreno utilizzato per l’attività comune”, e considera “ragionevole prevedere la sommatoria dei redditi agrari dei singoli terreni messi in comune e la sua successiva ripartizione tra i retisti in base alle rispettive quote di spettanza previste dal contratto di rete”. Nella dichiarazione dei redditi, dunque, ogni impresa retistadovrà dichiarare, per la quota di prodotto spettante, il reddito agrario di ciascuno dei terreni messi in comune”.

Per approfondimenti e ulteriori informazioni, vedi il documento allegato

28/06/2017