La seconda vita delle Saline Conti Vecchi

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La seconda vita delle Saline Conti Vecchi

Un impianto tuttora produttivo, un sito di archeologia industriale e un’immensa area naturalistica. Le “Saline Conti Vecchi”, nel tratto centrale-meridionale della vastissima area umida dello stagno di Cagliari, è un mondo a se stante. A raccontare a SardegnaImpresa questa straordinaria realtà – un riuscitissimo mix tra un museo a cielo aperto, un’oasi dell’immaginario e una modernissima realtà produttiva – è Andrea Cecchinato, amministratore delegato della “Ing. Luigi Conti Vecchi SpA”, società che fa capo al gruppo Syndial Eni.

Da quanto esiste questa realtà imprenditoriale?

La società "Ing. Luigi Conti Vecchi Spa" è giovane, è nata nel 2015. È una società di Eni ed è controllata al 100% da Syndial, la società di servizi ambientali, che si dedica ad attività di riqualificazione e bonifica in tutto il territorio nazionale e ora in fase di sviluppo anche in ambito internazionale.

Syndial ha ereditato molti siti inquinati derivanti da attività industriali storiche gestite da altre società e assegnate a Eni quando era ente di Stato, quindi ex lege, perché prive di futuro. Il complesso industriale di Assemini, contiguo alla salina, è stato realizzato nei primi anni ’60 e contava numerosi impianti produttivi correlati e integrati tra loro, riconducibili ad otto diverse società, confluite nel 1964 nella Rumianca Sud, a sua volta rilevata dal gruppo SIR nel 1968. Nel 1982 lo stabilimento è stato trasferito al gruppo Eni e inserito nel piano di joint venture Enoxy, creata da Eni e Occidental Petroleum, e poi a Enichem. Da allora Eni ha portato avanti le bonifiche, ripensato l’attività industriale e recentemente sviluppato insieme al Fai un progetto innovativo per la valorizzazione e la fruizione collettiva delle Saline Conti Vecchi, che oggi per estensione e produzione è la seconda salina in Italia.

Come si è rigenerata nel tempo?

Come detto, la "Ing. Luigi Conti Vecchi" è una società giovane, ma fonda le sue radici nel passato. La salina è entrata in produzione nel 1931, grazie alla brillante intuizione del suo fondatore, Luigi Conti Vecchi, che nel 1919 presentò il progetto di bonifica dello Stagno di Santa Gilla, un’area paludosa alle porte di Cagliari infestata dalla malaria. Un progetto ambizioso e innovativo, che aveva l’obiettivo di bonificare lo stagno impiantandovi una moderna salina, per recuperare una vocazione storica della Sardegna e valorizzare in chiave produttiva un’area ai margini della città, contribuendo così allo sviluppo economico e sociale del territorio. Da allora fino a oggi non ha mai smesso di produrre sale. Nella fase iniziale, prima del secondo conflitto mondiale, la produzione era destinata a uso prettamente alimentare, poi negli anni del boom economico è stata utilizzata per l’industria, oggi ha recuperato entrambe le vocazioni, grazie a un importante progetto di riqualificazione di Eni.

Quanto e come sono cambiati la sua mission e il suo core business?

La società nasce a seguito di un importante progetto di riqualificazione industriale che ha visto la fermata dei vecchi impianti chimici, non più sostenibili, per concentrarsi su un nuovo business, quello del sale alimentare, puntando quindi alla valorizzazione del cosiddetto ‘oro bianco’. Abbiamo costruito un impianto di raffinazione del sale per uso alimentare della capacità di 150mila tonnellate all'anno, che è entrato in produzione nel 2017. La produzione dei prodotti chimici è ancora attiva, ma ci si è concentrati solo sui prodotti direttamente derivati dal sale, riducendo la capacità del vecchio impianto cloro-soda (alimentato appunto dalla salamoia) con una produzione annua di circa 12mila tonnellate di soda al 30%, 18mila tonnellate di ipoclorito (varechina) e 33mila tonnellate di acido cloridrico.

Qual è il grado di innovazione – tecnologica, di sistema o comunicativa – e quanto ha influito sui risultati?

Il progetto di riqualificazione, per il quale Eni e Syndial hanno investito oltre 60milioni di euro è passato attraverso la realizzazione di un impianto di sale raffinato di ultima generazione e l’ammodernamento dell’impianto cloro-soda con l’installazione di una cella bipolare di nuovissima generazione. Ma non solo: gli investimenti sono stati concepiti con l’idea di ridurre i costi di produzione, mediante una serie di accorgimenti tecnici mirati ad ottenere un importante saving energetico.

Quanto è radicata nel territorio, sia in termini sociali che economici?

Oggi come nel lontano passato, la società è profondamente radicata nel territorio, il suo core business è il sale, vera e propria eccellenza sarda. La raccolta, oggi come allora, viene eseguita dai salinieri locali, che gestiscono la salina sempre nello stesso modo, perché il ciclo produttivo è identico a quello di cento e mille anni fa: dipende dai ritmi della natura, ed esclusivamente da elementi naturali: mare, sole e vento.

I livelli occupazionali sono stabili o in crescita? E confidate che le strategie elaborate più di recente possano favorire ulteriormente la crescita degli occupati?

I livelli occupazionali sono stabili, le persone che lavorano alla Ing. Luigi Conti Vecchi sono circa un centinaio, più circa una ventina di stagionali che vengono assunti ogni anno durante il periodo in cui si effettua la raccolta del sale. Il personale di imprese terze coinvolte nelle attività di ILCV è di circa 200 persone.

In che cosa investire in Sardegna ha rappresentato un plusvalore?

Eni ha ereditato questo sito nel 1982, da allora lo abbiamo più volte trasformato: inizialmente eliminando le celle a mercurio dall’impianto clorosoda, che sono state sostituite utilizzando la migliore tecnologia disponibile, le celle a membrana. Quando in tempi più recenti l’industria chimica ha perso ulteriormente redditività, abbiamo nuovamente investito per trasformarla un’altra volta, puntando sul sale alimentare, pertanto questo sito, che era prettamente industriale, è oggi un sito che lavora con tecnologie sostenibili e nel rispetto dell’ambiente. E in questo campo gli investimenti avranno ulteriori sviluppi.

E quali sarebbero invece gli aspetti da migliorare?

La Sardegna in quanto isola ha costi dell’energia sensibilmente maggiori e sicuramente aspetti logistici non trascurabili: Porto Canale è una facilities importante, che potrebbe essere ulteriormente sviluppata. A inizio anno una nave carica di sale è partita dalla banchina diretta negli Stati Uniti, contiamo di aprirci sempre di più al mercato internazionale.

Quali sono gli obiettivi a breve, media e lunga durata?

Nel breve termine sicuramente la messa a regime di tutti gli investimenti finora realizzati, con l’obiettivo di ottimizzare tutte le produzioni, a partire da quella del sale alimentare (150 mila ton/anno) che vogliamo far conoscere in tutto il mondo, quale eccellenza della Sardegna. A breve possiamo anche annunciare che entro fine anno entrerà in esercizio il primo impianto fotovoltaico da 18 Mw, ora in fase di realizzazione. Nel medio e lungo termine si prevede un ulteriore sviluppo, con un secondo impianto fotovoltaico, e un terzo ancora più innovativo, un impianto solare a concentrazione. Inoltre stiamo gettando le basi per sviluppare quei settori di nicchia ad alto valore aggiunto quali fior di sale, sale integrale e i prodotti derivati dalle acque madri (cloruro di magnesio) per il settore del wellness.

Cosa rappresenta per la vostra società e per il vostro gruppo l’impegno per rifunzionalizzare in chiave turistica e culturale vecchie strutture, esempi di archeologia industriale?

È un aspetto rilevante dell’innovativo progetto di valorizzazione avviato dal 2013 da Syndial, con il piano di riqualificazione del sito industriale in cui si collocano le Saline e che ha previsto la partnership con il FAI – Fondo Ambiente Italiano, nata allo scopo di valorizzare il sito delle Saline Conti Vecchi trasformandolo in un bene aperto al pubblico, promosso e gestito dal Fai. Il Fai è riuscito sapientemente a riportare al giorno d’oggi la salina così come era negli anni Trenta: in una sorta di viaggio nel tempo il visitatore si immerge nel passato, visitando gli edifici ristrutturati, e con i filmati ripercorre l’evoluzione storica della salina per poi tuffarsi nella vita della salina di oggi, scoprendo che il sale, oggi come allora, si fa sempre nella stessa maniera. La Salina dal maggio scorso è aperta per 10 mesi l’anno ed è una realtà unica nel suo genere, una realtà produttiva fruibile dalla collettività, a dimostrazione che ambiente e industria possono felicemente convivere.

09/04/2018