Imballaggi, la scommessa "green" di Turris Sleeve

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Imballaggi, la scommessa "green" di Turris Sleeve

Un film da imballaggio biodegradabile compostabile. È la grande scommessa di Turris Sleeve. È la grande scommessa di dieci persone, dieci soci, con un capitale sociale di 1milione e 400mila euro. «La nostra start up è fondata da lavoratori cassintegrati o in mobilità del petrolchimico, persone che hanno investito nel capitale sociale gli anticipi della mobilità e dopo un percorso particolarmente importante hanno deciso di rimettersi in gioco accettando la sfida del mercato», spiega Gianluca Tanda, ingegnere informatico di 40 anni. È il presidente di Turris Sleeve. Lo sleeve termoretraibile è una fascetta di plastica che ricopre oggetti, servendo da imballaggio, etichetta, sigillo di garanzia. L’intuizione è una sfida aperta ai mercati. «Vogliamo esportare nei Paesi europei ed extraeuropei – spiega Tanda – oggi questi materiali sono prodotti in Cina, Giappone, Bielorussia e Canada».

Una scelta non casuale, quella di insediarsi a Porto Torres. Per due motivi. La prima è che «apparteniamo a quella categoria di persone che hanno investito molto nella propria formazione e che vogliono realizzare i propri sogni nella loro terra», dice Tanda. Lui, per esempio, è laureato in ingegneria informatica, ha conseguito un master internazionale in Innovazione e Gestione d’azienda riconosciuto dalla Bradford University School of Managment e dall’Università di Perugia ed è stato l’amministratore di un internet provider. La seconda è che Turris Sleeve è «uno dei progetti imprenditoriali di discesa a valle della chimica verde». Qui il tema dell’ambiente, della sostenibilità e della ricerca, diventano centrali. «Cerchiamo di lavorare con una tecnologia d’avanguardia presente solamente in pochi centri al mondo», spiega Tanda.

Ma l’orizzonte è una produzione con materiale biodegradabile. I soci lavoratori della cooperativa, che a regime potrà dare una ventina di posti di lavoro, hanno investito nel capitale sociale gli anticipi della mobilità e dopo un percorso comune hanno deciso di rimettersi in gioco, accettando la sfida del mercato.

L’Ops è un polistirene orientato, è usato anche per la conservazione dei cibi, con performance tecniche ottimali quanto a capacità di migliorare le proprietà-barriera per i gas, in particolare all’ossigeno e all’anidride carbonica, oltre a un risparmio di energia e a una riduzione delle emissioni di gas serra. Lo sleeve in polistirolo meglio incontra le esigenze di chi gli dovrà dare una “nuova vita” anche dopo l’utilizzo per questo particolare tipo di imballaggi, che è una delle possibili chiavi di svolta del mercato. Il film termoretraibile è un’etichetta ideale per confezionare qualsiasi tipo di merce da imballare: garantisce stabilità dai piccoli ai grossi imballi. L’utilizzo è in crescita perché il film termoretraibile è stampabile con immagini e testi a colori, con una resa fotografica elevatissima e come imballaggio, etichetta o sigillo di garanzia è personalizzabile in modo semplice: qualsiasi tipo di contenitore come per esempio una bottiglia o un contenitore di alimenti. 

La produzione avviata nel giugno 2016 è partita da una materia prima i cui consumi, in Europa, nel 2015 hanno avuto un incremento del 10 percento. Il mercato cui si rivolge la Turris Sleeve ha un fabbisogno di 15mila tonnellate all’anno, quasi interamente importate dal Canada, dall’Asia e dalla Bielorussia. Turris Sleeve ambisce alle mille e 500 tonnellate, pari al 10 percento dell’attuale esigenza del mercato.

Turris Sleeve è una cooperativa di dirigenti, impiegati e operai fuoriusciti dal petrolchimico. Oggi si offre al mercato internazionale con la produzione di etichettature bio, peraltro strettamente connettibile con lo sviluppo di Matrìca, la newco creata da Eni e Novamont per gestire l’ambiziosa partita della chimica verde in Italia. Nata nel novembre 2012, Turris Sleeve è una scommessa nel campo della chimica verde, che complessivamente può costituire un’opportunità importante per Porto Torres e l’intera area del Petrolchimico. Come detto, attualmente il materiale più innovativo per produrre le fascette, quello ecologicamente più sostenibile, è l’Ops, poco diffuso in Europa e prodotto unicamente in Giappone. La cooperativa partirà utilizzando tutti i materiali oggi disponibili, ma punterà decisamente su quest’ultimo per entrare in una fascia di mercato promettente e attualmente non presidiata nel Vecchio Continente. Una bella scommessa, che a regime dovrebbe portare a dare lavoro a 24 persone: oltre ai soci fondatori troverebbero occupazione i 15 lavoratori provenienti dalla vecchia cooperativa in default che lavorava alla manutenzione degli impianti del polo petrolchimico.

Argomenti
Ambiente e salute, Industria, Formazione e risorse umane
10/04/2017